Un patrimonio di cultura materiale

La necessità di salvaguardare il patrimonio storico e culturale di una comunità, di un paese, di una regione si è imposta in questi ultimi anni come fondamentale ed imprescindibile per tutti coloro che hanno a cuore le sorti della società civile e le prospettive del suo avvenire.
Oggi più che mai si sente l’urgenza di intraprendere la strada della conservazione e della valorizzazione di un patrimonio di cultura e di saperi che i nostri maggiori ci hanno lasciato in eredità e che rischia di scomparire travolto dall’incuria e dall’abbandono. Un patrimonio che merita di essere conosciuto ed apprezzato poiché racchiude un’infi nità di informazioni e di conoscenze che possono aiutarci a capire il nostro passato ed a rifl ettere sul nostro futuro.
Da quasi mezzo secolo si sono manifestati i segni di una nuova attenzione e di un profi cuo interesse nei confronti della cultura delle grandi masse che erano rimaste escluse, per così dire, dalla storia: esse non possedevano l’uso della parola scritta e la loro presenza nelle ricostruzioni storiche era quasi sempre avvolta da un alone di indeterminatezza o di generico folclorismo.
Così oggi si assiste alla nascita di numerosi musei che rivolgono la loro attenzione al mondo rurale e paleo-industriale ed alla cultura delle classi popolari.

Le pietre coti

Il Museo delle Pietre Coti va ad inserirsi a pieno titolo, con una sua specificità e originalità, tra queste lodevoli e significative iniziative e ha una particolare rilevanza culturale e documentaria dato che proprio nella bassa valle Seriana l’industria delle coti ha avuto lungo i secoli uno dei suoi centri di escavazione e di lavorazione. Nembro e Pradalunga sono stati infatti per secoli territori di produzione e di commercializzazione delle coti, le indispensabili pietre che servono per ridare il filo agli attrezzi da taglio, in particolare alla falce fienaia.
Nembro in particolare si caratterizzò, specialmente nell’ultimo secolo, quale centro di lavorazione e di spedizione delle coti che dal paese partivano alla volta dei paesi europei ed extraeuropei.
Le fonti scritte attestano questa importanza dell’industria delle coti per l’economia di Nembro, di Pradalunga e, in misura minore, degli altri paesi in cui in diverso modo essa era attiva, Albino, Palazzago, Grone, Foresto Sparso.
Nell’Ottocento in queste contrade ben mille persone trovavano occupazione in vario modo nelle attività di lavorazione delle pietre: non solo gli uomini addetti all’escavazione, al trasporto, alla cernita ed al taglio, ma anche donne e bambini che prestavano la loro opera nella levigazione, sovente effettuata nell’ambito domestico.

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